Trekking sulle vette sacre delle Eolie pt. 3

Continua la scoperta delle vette sacre eoliane, con il suo tour che giunge oggi alla sua terza isola. Dopo aver scalato e parlato sul blog sia di Salina che di Vulcano, il mistero continua ad essere protagonista delle escursioni nell’arcipelago. Nell’ultima puntata si era parlato di scenari che l’antica Hiera condivideva assieme ad  altre due isole, con la promessa di svelare alcuni fatti appena accennati. Il fuoco continua a farla da padrone: la vetta su cui stavolta si sale per far trekking, infatti, è Stromboli.

Non è un luogo che ha bisogno di presentazioni, in quanto si tratta di una meta ambita dai camminatori per buona parte dell’anno. Ma magari non molti sanno che autori classici come Posidonio, Strabone, Plinio il vecchio, Dionisio Periegeta o Gaio Giulio Solino vi individuavano la dimora di Eolo, il dio dei venti (vedi fonte). Un luogo sacro che però  – come accennato nello scorso articolo – è stato individuato anche a Vulcano e su un’altra isola dell’arcipelago di cui presto si forniranno notizie. Per molti, un tempo, erano questi i luoghi in cui gli dei decisero di imprigionare i venti che avevano tra le varie cose anche separato la Sicilia dal resto dell’Italia. Ad essere sacra, quindi, sembra essere l’isola nel suo insieme.

La cima (924 m) può essere raggiunta solo affidandosi a delle guide vulcanologiche autorizzate; la salita non sarà certo caratterizzata dalla natura multiforme di Salina o di altre isole, anche se sarà comunque possibile in primavera ammirare i fiori del cisto (sia bianco che rosso), il lentisco, le eriche… Il punto di svolta è ovviamente quando si arriva in alto, soprattutto quando fa buio, ed in silenzio si sente il vulcano respirare. Poi, al momento di scendere, si girerà l’angolo e la temperatura si alzerà repentinamente. Al chiarore della luna e delle torce, si scenderà per una infinita strada di sabbia bianca. È un tipo di suggestione differente, che comunque può essere vissuta cominciando a girare i piccoli paesini con qualcuno esperto della loro storia, passando per le vecchie chiese di S. Vincenzo e di S. Bartolo, magari addentrandosi anche nell’antico cimitero abbandonato, risalente ai primi del ‘900, con alcune tombe ancora rivestite di antiche maioliche. E intanto, salendo, alle spalle si scorgerà lo Strombolicchio, il nek di un antico vulcano nel mare, ultimo avamposto del territorio siciliano prima della distesa d’acqua che separa dalla Campania. Nei giorni bui di tempesta somiglia ad un tetro maniero stregato; è diventato da tempo un faro, la cui area non può essere varcata se non previa autorizzazione.

Come scriveva Alexandre Dumas nel 1835: «Al tempo del cantore di Enea, quando Stromboli si chiamava Strongyle, certamente l’isola non era ancora conosciuta per quello che è e andava preparando nelle sue viscere quelle infuocate eruzioni cicliche che ne fanno il vulcano più gentile della terra. Con Stromboli, infatti, si sa cosa aspettarsi: non è come il Vesuvio o l’Etna, che per una seppur minima eruzione fanno attendere il viaggiatore anche tre, a volte cinque, a volte dieci anni». Per fortuna anche di più, come nel caso del Vesuvio. Ma arrivati a questo punto, non resta che darci appuntamento sulla prossima vetta!

Michele Merenda