Trekking sulle vette sacre delle Eolie pt.1

(foto di Luca Serasini)

Fare trekking può portare più lontano di quanto si possa immaginare.  Non è solo questione di camminare per boschi e mulattiere; si tratta anche di trovare il proprio passo per godersi l’escursione, camminare in maniera organica al gruppo, senza rallentarlo eccessivamente o costringere nessuno ad un’andatura troppo elevata. È in questi contesti che si comincia a vivere il cammino che porta a mete suggestive e inusuali, come possono esserlo le vette delle Eolie. Luoghi atipici, che passano da una dimensione lunare a quella di un bosco nordico; alcuni di essi, inoltre, conservano una storia sacra che ai più risulta sconosciuta.

Uno di questi esempi è Monte Fossa delle Felci (962 m), cima di Salina e vetta più alta dell’arcipelago eoliano. Partendo dal santuario di Valdichiesa (frazione del Comune di Leni), dove si dipanano diversi sentieri, prendendo la deviazione che porta verso Monte Rivi si sentirà ad un certo punto cambiare il clima in modo repentino. Guardandosi attorno si vedrà un paesaggio di colpo trasfigurato: felci e castagni ovunque. Quest’ultimi pare siano stati piantati secoli fa dai Romani. Il castagno nelle tradizioni arcaiche è simbolo di longevità, di passaggio dal passato saldo delle radici fino al futuro simboleggiato dalla folta chioma che si erge libera. È simbolo di vita stesso, grazie all’unione dei lunghi rami flessuosi (emblema maschile) con i grossi ricci (simbologia femminile), da cui nascono frutti capaci di sfamare e saziare. Proprio per questo, il castagno era anche conosciuto come “Albero del pane”. Non a caso, nell’oroscopo celtico chi nasce sotto il segno del castagno è votato ad aiutare la collettività e in altre culture dell’Est gli sposi camminano prima su foglie di castagno. Dai rametti, inoltre, si ricavavano amuleti che dovevano proteggere i viandanti.

Simbolo di valori religiosi e morali, anche il castagno è stato fatto proprio dal cristianesimo, sebbene in forma minore rispetto alla vite. Difatti, pare che alla fine del XVIII secolo il vescovo di Lipari, mons. Coppola, ne fece piantare in cima diversi esemplari. Ma cosa c’è realmente in quella che è la Fossa delle Felci? Per qualcuno è diventato un luogo misterico, collegato direttamente con un’altra fonte di vita e di rinascita che si trovava nell’antica Valle, l’odierna Valdichiesa. Proprio negli avvallamenti vi erano i templi femminili e in quell’insediamento greco (IV-III sec. a.C.) di cui sono stati trovati i reperti si trovava anche l’edificio sacro dei misteri eleusini di Demetra. Un’antica Madre che garantiva la salvezza a chi credeva in Lei, esattamente come quella a cui lasciò il proprio scettro alcuni secoli dopo: l’odierna Madonna del Terzito, uno dei primi culti mariani dell’Impero romano d’Occidente, portato da dei monaci in fuga. Oggi – infatti – la Madonna dell’antica valle è sentita  come la Madre sprituale di tutti gli eoliani, sia nell’arcipelago che nel mondo.

Torniamo in cima, nella Fossa, circondati non solo da castagni, ma anche da querce imponenti. Perché questi alberi, nella cui discesa davvero si ha la sensazione di entrare nel cuore di un bosco sacro? Forse perché in cima al monte si venerava una figura maschile, degna continuazione di quanto si era lasciato a valle? Si trattava magari di quel Didimeo, signore della luce e della profezia, gemello della dea della caccia, che guarda caso aveva lo stesso antico nome che un tempo fu di Salina? Didyme, per l’appunto la gemella… Di chi stiamo parlando? Per saperne di più, occorrerà recarvi sul posto e salire con noi fino in cima per conoscere e vivere la storia per intero!

La prossima volta il nostro particolare trekking partirà verso un’altra cima sacra delle Eolie, quindi tenetevi pronti. Intanto, vi lasciamo con una frase dello scrittore tedesco Hermann Hesse: «Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, conosce la verità».

Michele Merenda