Diario di viaggio, quinta puntata: escursione ad Alicudi, dove volano le donne

Il viaggio non poteva non concludersi nell’isola più misteriosa, più isolata: Alicudi. Un posto quasi esclusivamente in verticale, che a raccontarlo sembra persino sfidare le leggi della fisica. Qui gli spazi si misurano a gradini, quelli che con una durezza arcaica conducono in una sfera onirica le cui immagini odorano di antico.

Il sole è alto già di prima mattina e brucia in uno spazio completamente aperto, quasi mai riparato. Alicudi è IL luogo del trekking eoliano, duro e spartano, ma allo stesso tempo suggestivo per chi lo sa raccontare ed ascoltare. Il quinto e ultimo appuntamento di questo suggestivo diario di viaggio eoliano (link delle precedenti puntate: Caolino a Lipari, Vulcano, Vallespina e Monte Fossa delle Felci a Salina) è quindi cominciato alle 5 del mattino, col buio appena rischiarato dal sole nascente vicino Filicudi, che poi ha man mano illuminato tutto l’arcipelago.

Questa è l’isola delle donne che volano, delle leggende magiche diffuse nelle altre isole; donne che si ungevano, che viaggiavano in aria persino con le barche… Forse sospinte da quei soffioni di aria fredda che prorompono da alcune piccole aperture nel terreno di Alicudi, a getto continuo…

È l’isola apparentemente arida ma che poi svela boschetti nascosti; è l’isola che custodisce la Silene vellutata delle Eolie e persino il rarissimo Cytisus aeolicus, una pianta endemica del regno di Eolo e che adesso si trova a rischio estinzione. Il termine dialettale ha poi dato nome a una delle zone locali…

La vecchia chiesa di S. Bartolo col suo spiazzo continua ad essere il luogo perfetto per ristorarsi e ammirare la risalita, probabilmente con un po’ di ammirazione verso se stessi. Di fianco, un altro viottolo verso le enigmatiche “Case dei cinque sensi” che dominano dall’alto la costa, una sopra l’altra. Ma bisogna continuare a risalire, non verso la cima ma per le Pianure, una distesa “tolkeniana” che sarebbe potuta uscire da “ll Signore degli Anelli”, dove un tempo c’erano gli ultimi crateri che hanno riversato lava oggi ricoperta di vegetazione. Lì, dietro al vecchio paese di montagna un tempo abbandonato e poi ripristinato, allo scalino n. 1368 (già, esiste una numerazione!), comincia la pianura a perdita d’occhio. Si continua a camminare tra i vecchi terrazzamenti abbandonati e qualche vigna, fino allo strapiombo finale che guarda il blu del mare che sembra non avere più fine.

Il viaggio è terminato. Il gruppo torna indietro sotto il sole che comincia a bruciare, ultima annotazione di un diario di viaggio che sembra essere terminato troppo presto. Nemmeno gli incantesimi delle antiche streghe eoliane sembrano poter fermare le lancette dell’orologio. O forse lo hanno fatto, facendo trascorrere ancora più intensamente dei momenti che devono per forza passare e che si vorrebbe trattenere per sempre. Con la certezza che presto ne arriveranno altri. Questa è la conclusione. Al prossimo inizio, quindi!

Si ringrazia Aldo Di Nora per i preziosi consigli ad Alicudi e la sua casa editrice Arbatus.

Michele Merenda